All’alba di domenica 2 dicembre 1962, all’età di settant’anni spirava nella sua casa di Milano, Anna Rosa Ferrario.

Era l’ultima a portare il nome dei Ferrario, una casata della ricca borghesia milanese che per generazioni era stata vivificata da famiglie numerose, ramificate e imparentate con altre famiglie importanti, finché un destino avverso ne tagliava metodicamente le nuove fioriture in tutti i suoi rami.

Al suo capezzale Rosa non potè avere il conforto di alcun parente, l’ultima ad andarsene fu la sorella Angelina morta vedova tre anni prima.

Insieme alla pietà per la morente, alle preghiere dei frati a lei cari, alla fedeltà dei suoi domestici, intorno a quel letto di morte non poteva mancare l’umana preoccupazione dell’esito di un ragguardevolissimo patrimonio che il destino aveva concentrato nella mani della signora Rosa: non solo quello dei Ferrario, ma anche di quello dei Gajo, dei Gattinoni, di un ramo dei Cassiani-Ingoni, e di altri ancora.

Ma Rosa Ferrario aveva già disposto; forse aveva messo a punto quel suo piano benefico negli anni in cui rimase sola, dopo la morte della sorella Angelina. 

Cosa sia avvenuto nel suo animo, quante volte abbia rivisto sullo schermo della mente le vicende liete e le tante vicende tristi della sua famiglia, come forse proprio queste le abbiano fatto maturare una certa idea circa le sue cose terrene…

Ci è impossibile saperlo, anzi lo vogliamo rispettare come suo personale segreto. Ma è il suo testamento a darcene una traccia precisa, un segno di quel colloquio silenzioso quando dice: “Invoco aiuti per poter interpretare la volontà dei miei cari trapassati e della mia adoratissima e santa sorella che per me fu vera e angelica mamma”. 

E questa frase precede immediatamente l’espressione della sua volontà di tradurre “tutto quello che possiedo” in un’opera di beneficenza.

In Milano, in via Fatebenefratelli, nello studio del notaio Dr. Roberto Manfredini, l’11 novembre 1963 gli esecutori testamentari Raffaele Lampugnani ed Attilio Bianchi sottoscrissero l’atto costitutivo dell’Istituto di Beneficenza e di Assistenza che Rosa Ferrario, defunta 11 mesi prima, aveva voluto quale suo unico erede universale. L’Istituto, eretto in Ente Morale, fu definito Fondazione Ferrario con sede in Vanzago. Gli esecutori testamentari definirono scopi e statuto (19 articoli) e dotarono la Fondazione di un patrimonio, allora valutato intorno al miliardo e ottocento milioni di lire, costituito da tutti i beni mobili ed immobili lasciati da Rosa Ferrario. 

Ma quale istituzione? Erano le difficoltà che assillavano gli esecutori testamentari, i quali sentirono immediatamente la necessità di chiedere illuminati consigli a livello più autorevole, nel timore di tradire la volontà di Rosa, come per evitare errori di impostazione che in seguito nel tempo avrebbero potuto recare pregiudizi al loro operato. 

Consigli vennero da più parti. 

Il francescano padre Zucca del convento di S.Angelo di Milano, ultimo confessore di Rosa Ferrario, proponeva di devolvere il fondo alla Fondazione Internazionale del “Premio Balzan” di cui era presidente. L’arcivescovo di Milano, Cardinale Montini, in seguito Papa Paolo VI, opinava per una specialità pediatrica presso la clinica Gemelli di Roma. 

L’Istituto Tognolo ed altre persone, tra cui il monsignor Marco Ceriani, pensavano alla creazione di borse di studio in premio a lavori qualificati e degni di menzione sulla psicologia infantile. Senonchè gli illustri notai Manfredini e Guasti, interpellati in proposito, rispondevano che queste destinazioni erano fuorvianti rispetto alla volontà della testatrice. Nel 1962, quando Rosa Ferrario era ancora in vita, era scoppiato l’allarmante fenomeno dei bambini focomelici che venivano al mondo malformi ed handicappati per via dell’indiscrimiato uso di un farmaco, il talidomide.

Rosa Ferrario ne era rimasta sconvolta.Una particolare attenzione verso l’infanzia c’era sempre stata nelle sorelle Angelina e Rosa e ne fa fede la cura che hanno sempre avuto per gli asili di Pregnana, Vanzago e Mantegazza. Perdipiù da una parte faceva leva lo struggente ricordo della immatura perdita del piccolo Achille, l’atteso frutto di nozze di Angelina e Giuliano Gattinoni; dall’altra quello di una prole mancata che non confortò mai la sorella Rosa sposatasi in età matura. 

La decisione finale nella scelta degli scopi dell’istituenda Fondazione fu presa nell’estate del 1963. 

L’articolo 2 dello Statuto recitava: “La Fondazione Ferrario ha per scopo l’istituzione di un centro specializzato per bambini della provincia di Milano avente in linea principale la ricerca e l’applicazione in campo medico e chirurgico dei metodi più efficaci per la cura e l’assistenza gratuita della fanciullezza dei ceti meno abbienti. Medici e scienziati di ogni nazionalità, senza esclusione alcuna, potranno collaborare al conseguimento dello scopo benefico di cui sopra con particolare attenzione a quelle forme morbose e congenite che richiedono mezzi e strumenti terapeutici di lunga e costosa applicazione e di attrezzature scientifiche di alto valore”. 

La decisione presa nell’estate del 1963 rappresentava sicuramente un programma indubbiamente allettante ma forse anche troppo ambizioso in considerazione dei mezzi a disposizione. Quell’idea, temeraria e probabilmente utopistica venne quasi subito accantonata. Per soddisfare le mutate necessità della zona, il 31 maggio 1968 il consiglio modificò l’art. 2 dello statuto dando nuovi scopi alla Fondazione: “ASSISTEREMO GLI ANZIANI ISTITUENDO PER LORO ADATTO LUOGO DI RIPOSO”

La Fondazione Ferrario ha come scopo istituzionale, nel quale ha trovato adempimento la volontà benefica di Rosa ferrario, la promozione di attività assistenziali a favore degli anziani.

Rosa Ferrario manifestò prima della sua morte la volontà di costituire un’istituzione benefica di assistenza a perpetuare nel tempo il nome ed il ricordo della Sua famiglia, di cui era rimasta ultima e sola erede e, a tale scopo, destinò tutto l’ingente patrimonio in suo possesso.

Dopo la morte avvenuto nel 1962, venne costituito nel 1963 un Istituto eretto in Ente Morale, denominato “Fondazione Ferrario” con sede in Vanzago.

Gli esecutori testamentari definirono scopi e statuto della Fondazione e la dotarono del patrimonio costituito da tutti i beni mobili ed immobili lasciati alla Fondazione medesima da Rosa Ferrario.

Nel 1968 il Consiglio di Amministrazione della Fondazione decise di ottemperare alle volontà testamentarie con la costruzione di una struttura per anziani autosufficienti, ultimata nel 1978.

A causa delle crescenti domande provenienti dal territorio a far tempo dal 1986 la struttura di ricovero iniziò ad ospitare anche anziani non autosufficienti e ultimamente anche affetti da Alzheimer.

Le attività rese a favore degli ospiti sono allineate a quanto previsto dalla Legge Regionale nr. 1/86, dal Piano Socio Assistenziale, dal Piano Obiettivo Anziani dai successivi adeguamenti, dal quale derivano gli standards strutturali e gestionali oggi garantiti.

Con la Legge Regionale nr. 1 del gennaio 2003 è stata decretata l’estinzione delle I.P.A.B. mettendo pertanto il Consiglio di Amministrazione di fronte all’obbligo di scegliere se trasformare la Fondazione in Ente di diritto privato senza fine di lucro oppure in Azienda di Servizi alla persona con natura giuridica pubblica.

Si è quindi avviato un lungo e complesso percorso che ha visto, in tempi molto brevi, la stesura di un nuovo statuto che prevedesse la privatizzazione della Fondazione. Le motivazioni che hanno spinto in questo senso il Consiglio sono state illustrate ed ampiamente dibattute in incontri con i Sindaci del nostro ambito territoriale ed anche in due assemblee con la popolazione. L’iter burocratico ha avuto la sua conclusione la sera dell’8 settembre 2003 quando il Consiglio di Amministrazione all’unanimità votò di trasformare la Fondazione in un Ente senza scopo di lucro con natura giuridica privata, deliberando la formulazione di apposita istanza e contestualmente anche il testo del nuovo statuto.

Successivamente la Giunta Regionale con propria delibera ha autorizzato questa trasformazione anche se solo il tempo potrà dire l’effettiva valenza della scelta.